Letture comparate e descrizioni :)

Molti sono gli aspetti comuni che caratterizzano l’Ara Pacis e il Vittoriano.
1) Il più importante di questi aspetti è il motivo della loro realizzazione.
– ARA PACIS: L’“Ara Pacis” fu eretta dal Senato per celebrare il felice ritorno dell’imperatore dalla Gallia e dalla Spagna e la pacificazione dell’Impero; ivi, in memoria dell’evento, i magistrati, i sacerdoti e le vestali avrebbero dovuto compiere un sacrificio annuale commemorativo.
– VITTORIANO: Vittoriano” è la denominazione del monumento a Vittorio Emanuele II eretto a Roma per celebrare l’unità d’Italia di cui fu padre proprio Vittorio Emanuele II, ultimo re di Sardegna, primo re d’Italia.
2) Secondo punto: descrizione opere.
– ARA PACIS: L’Ara Pacis è monumento tipico per la cultura del suo tempo; essa è legata come concezione e come struttura alla tradizione italica, ma il linguaggio nel quale la concezione si esprime è strettamente legato alla tradizione artistica ellenistica, e di lingua greca dovettero essere i suoi autori. Italica è la struttura dell’ara con recinto; romana la commistione di soggetti mitici con soggetti storici presi dalla realtà contemporanea, avendo in ciò precedenti in monumenti come la cosiddetta Ara di Domizio Enobarbo e altre modeste are del I sec. a. C. Non greca è la disposizione, priva di logica tettonica, del fregio di figure al disopra di uno zoccolo decorato a motivi vegetali: ma la si ritrova fin dal VI sec. a. C. nella decorazione pittorica delle tombe etrusche così come nello stesso ambiente si ha la zoccolatura divisa in elementi verticali alternanti luce e ombra, o colori chiari e scuri, come, nell’A. P., la vediamo plasticamente espressa al disotto delle ghirlande. Se dunque una concezione strutturale italico-romana si riveste di forme ellenistiche, queste, d’altra parte, coerentemente con la cultura del tempo, non sono affatto unitarie, ma, anzi, quanto mai eclettiche. L’elemento stilisticamente più perfetto e omogeneo è dato, nell’ A. P., dal fregio a girali di acanto che forma la zoccolatura esterna del monumento. Forse la sua composizione originaria si può riscontrare, nel modo più genuino, nella lastra dell’angolo S-E. Una serie di esatti confronti permette di localizzare con sicurezza la tradizione artistica di questo motivo, nella sua particolare variante, nell’ambiente dell’arte di Pergamo. Ma non si ritrovano, quei motivi, nella decorazione pergamena della fine del I sec., cioè contemporanea, bensì in quella della massima fioritura pergamena, alla metà del II sec. a. C. Se il fregio a grandi figure, con la processione, è tipicamente legato al gusto neo-attico, velato di tendenze italiche, e nel non concedere nessuno spazio al disopra delle teste delle figure mostra di volersi attenere a una tradizione classica, non pertanto si insinuano anche in esso le suggestioni spaziali connaturate alla tradizione ellenistica nelle sue manifestazioni più raffinate. Questo senso della spazialità, espresso con sottile raffinatezza tecnica, circola nei fregi d’acanto, schiacciando il rilievo, in alcuni punti, fino ad annullarlo ed esprimendo alcuni minuti particolari addirittura con incisioni “negative” sul fondo; esso agita gli svolazzi dei nastri che reggono i festoni; e le patere, che oggi vediamo stagliarsi sul fondo neutro, dovettero in origine apparire appese da nastri espressi soltanto in pittura, così come si sono conservati nella decorazione parietale della villa di P. Fannius Sinistor a Boscoreale. Ma nei rilievi dei lati brevi che ci sono conservati meglio, quello della Tellus e quello di Enea che sacrifica ai Penati, il senso dello spazio si espande in pieno, creando, nel secondo dei soggetti citati, una prospettiva paesistica, col piccolo tempietto in alto sulla roccia e l’albero, di schietta intenzione pittorica, che ricollega questo rilievo a quelli già Grimani che ornarono una fontana e che sono tra le manifestazioni più schiette della scultura a effetti pittorici tipica per una corrente della tarda arte ellenistica. Per tutti questi caratteri l’A.P. è monumento di grande importanza, non soltanto storica, ma artistica, documentando nel modo più completo e tipico l’eclettismo dell’ambiente romano, nel quale ancora non si erano decantati i vari ingredienti che nella cultura romana agivano contemporaneamente, anche se, proprio per questo carattere eclettico, l’A.P. non può dirsi monumento di altissima espressione artistica. Dal punto di vista formale non v’è dubbio che le espressioni più felici sono raggiunte nei festoni dell’interno e nell’ornato di acanto della zoccolatura esterna, la cui armonia si accentua nella coerenza e rispondenza simmetrica dello svolgimento delle forme ornamentali in organico svolgimento del moto da esse indicato, con una esecuzione di una nitidezza cristallina e di una perfezione tecnica raramente raggiunte più tardi nella stessa scultura antica. L’A. P. consta di due parti distinte; l’ara propriamente detta e il suo recinto esterno. L’ara occupava quasi tutta la superficie interna del monumento: essa è stata attualmente ricostruita coi frammenti originali completati mediante calchi con elementi desunti dallo scavo. Su una base formata da tre gradini sorgeva uno zoccolo, un tempo adorno di rilievi; su questo è collocato un podio che girava su tre lati, mentre nel quarto si addentrava la scala che conduceva alla mensa dell’altare. Intorno al podio correva, sia all’interno che all’esterno, un fregio di piccole figure isolate su un fondo piatto, di ispirazione classica, di cui è conservata circa la terza parte e che si riferisce probabilmente al sacrifizio celebrato in occasione della cerimonia del 13 a. C. Nella parete di fondo doveva trovarsi la scena centrale del fregio verso cui si dirigeva, da due lati, la processione. Nel lato sinistro, l’unico conservato, sono rappresentati all’interno le Vestali e all’esterno il corteo delle vittime accompagnate dai vittimarî. Sulle due fiancate dell’ara poggiavano i pulvini formati da doppie spirali contigue terminanti alle estremità in leoni alati. L’altare era racchiuso da un recinto marmoreo riccamente adorno, di pianta quasi quadrata, sul quale si aprivano due porte. Sia all’interno, sia all’esterno, il recinto era diviso in due parti; all’esterno, in alto, erano rappresentate scene mitologiche e la processione in occasione della constitutio dell’ara; in basso si svolgeva un intreccio di rigogliose spirali di acanto partenti con rigida simmetria da un cespo centrale, ma tutte animate da uccelli, insetti e piccoli rettili colti con squisito senso naturalistico. Evidente è in questo fregio l’analogia con le opere d’arte toreutica. Nell’interno, in alto, corre un fregio a festoni di fiori e frutti sorretti da bucranî nei quali è parimenti da notare la accurata osservazione della realtà di natura, riprodotta plasticamente con sapiente senso decorativo; in basso è una serie di paraste che sembrano imitare una transenna in legno. Si è voluto vedere questa decorazione ispirata da quella del recinto provvisorio eretto in occasione della cerimonia cui i rilievi si riferiscono. I pannelli ai lati della fronte E del monumento rappresentano figurazioni simboliche: la dea Roma e la idilliaca rappresentazione della Tellus che tiene due fanciulli sulle ginocchia, ha il grembo colmo di frutti ed è fiancheggiata da due Aurae. I pannelli sul lato O contengono scene relative alle origini di Roma: a sinistra, il Lupercale; a destra, il sacrificio di Enea ai Penati, pervaso di intimo senso religioso. Lungo i fianchi si svolge la processione della constitutio alla quale partecipano membri della casa imperiale, sacerdoti, magistrati e popolo. Precede nel lato S, dopo una lacuna, un gruppo di littori; seguono Augusto,capite velato, fiancheggiato da due personaggi togati, poi i tre flamines maiores e quello del Divus Iulius, un sacenator, Agrippa come pontefice , il piccolo C. Cesare, Livia, Tiberio, Antonia Minore, Druso Maggiore, il piccolo Germanico; infine la famiglia degli Enobarbi. Alcune di queste identificazioni sono discusse. Nel lato N, assai meno conservato dell’altro, continua la processione alla quale partecipano anche il Senato, preceduto dai littori, e il popolo romano.
– VITTORIANO: È costituito da una larga scalinata, che conduce al primo ripiano, dov’è situato l’Altare della Patria con la tomba del Milite Ignoto (la Statua di Roma al di sopra della tomba e i due altorilievi ai lati con i Cortei del lavoro e dell’amor patrio sono di A.Zannelli); sovrasta, al centro, la statua equestre, di bronzo dorato, di Vittorio Emanuele II, opera di E.Chiaradia; un ampio porticato corona il complesso, che, nonostante alcuni pregevoli particolari e una certa eleganza decorativa di influenza liberty risulta discordante, per il colore bianco del marmo botticino impiegato nella costruzione e per le proporzioni, con gli edifici e monumenti circostanti e con la struttura urbana dell’area in cui è inserito Per far luogo al monumento furono infatti abbattuti le torri di Paolo IV, il chiostro dell’Aracoeli, numerose case del Medioevo e del Rinascimento e fu spostato e ricostruito il palazzetto Venezia. Vi ha sede l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, con il Museo centrale del Risorgimento e il relativo archivio storico.

*Milite Ignoto: L’idea di onorare una salma sconosciuta per commemorare i caduti della prima guerra mondiale risale in Italia al 1920; il relativo disegno di legge fu presentato alla Camera italiana nel 1921. Il Ministero della guerra diede incarico a una commissione di percorrere i campi di battaglia per raccogliervi undici salme di impossibile identificazione, fra le quali la sorte ne avrebbe designata una, da tumulare in Roma sul Vittoriano. La commissione esplorò i luoghi in cui si era combattuto, dal Carso agli Altipiani, dalle foci del Piave al Montello, e fu scelta una salma per ognuna delle seguenti zone: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, tratto da Castagnevizza al mare. Le salme ebbero ricovero, in un primo tempo, a Gorizia, e da qui furono poi trasportate nella basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921. Qui si procedette alla scelta della salma destinata al riposo sull’Altare della patria; essa fu fatta da una popolana, Maria Bergamas di Trieste, il cui figlio Antonio aveva disertato dall’esercito austriaco per arruolarsi nelle file italiane ed era caduto in combattimento. La bara prescelta fu collocata sull’affusto di un cannone e deposta in un carro disegnato dall’architetto Cirilli; il 4 novembre 1921 essa ascese all’Altare della Patria.
3) Terzo punto: localizzazione delle opere.
– ARA PACIS: L’A.P., sorta in Roma nel Campo Marzio lungo il percorso della via Lata, fu fondata il 4 luglio del 13 a.C. e dedicata il 30 gennaio del 9 a. C. Dopo l’età di Augusto, è riprodotta in monete di Nerone e di Domiziano, ma non ne appare più traccia nelle fonti letterarie ed epigrafiche.
– VITTORIANO: Il Vittoriano è situato sul fianco del “Campidoglio” sin dalla sua realizzazione affidata all’architetto G.Sacconi. 

 

 

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